La salvaguardia dell’ambiente dalle conseguenze delle attività umane è oggi diventato un tema dominante nel panorama culturale, sociale e politico.

In alcuni luoghi della terra, infatti, la presenza di rifiuti dell’attività umana (soldi, liquidi o gassosi) sta mutando profondamente l’ecosistema, mettendo a rischio la sopravvivenza di svariate specie vegetali ed animali.

Non può ovviamente sfuggire a tal destino l’ambiente fluviale e quello marino che, soprattutto negli ultimi 50 anni, hanno raggiunto livelli di inquinamento che appaiono ormai evidenti anche al più distratto degli osservatori. È ormai dal secolo scorso che, nell’oceano Pacifico, è stata individuata una zona ove le correnti marine hanno creato una gigantesca “isola di plastica”, nota col nome di “Great Pacific Garbage Patch”.

Altra nota dolente è costituita dagli incidenti in mare aperto che hanno coinvolto gigantesche petroliere, provocando spaventosi sversamenti in mare di idrocarburi. Si cita fra tutti la Exxon Valdez che, nel lontano 1989, si incagliò sugli scogli del Price William Sound, in Alaska, disperdendo in mare circa 41 milioni di litri di petrolio e inquinando 1900km di coste, fino ad allora, completamente incontaminate. Oltre ai danni alle acque e alle coste (completamente imbrattate di petrolio), fu stimato che 250000 uccelli marini, 2800 lontre, 300 foche, 250 aquile di mare testa bianca, 22 orche e miliardi di uova di salmone e aringa trovarono la morte. Senza contare poi i costi per il recupero e la bonifica ambientale.

Non ultimo si segnala il fenomeno di sciagurati Comandanti che utilizzano il mare come “bagno privato”, effettuando al largo il lavaggio delle cisterne delle navi o gettando i rifiuti di cambusa.

Per tali ragioni, oggi esistono norme molto stringenti al riguardo come le norme MARPOL. Si tratta di una Convenzione Internazionale per la Prevenzione dell’Inquinamento causato da Navi, che mira a prevenirlo e ridurlo al minimo, sia quello accidentale, sia quello prodotto da operazioni di routine. È stata adottata il 2 novembre 1973 dall’IMO e, successivamente, aggiornata nl 1978 a seguito di alcuni gravi incidenti che hanno coinvolto soprattutto petroliere.

Si applica a tutte le navi che battono la bandiera di uno Stato membro della Convenzione o che operano all’interno della sua giurisdizione; coinvolge quindi, imbarcazioni di qualsiasi tipo che operano nell’ambiente marino, tra cui aliscafi, veicoli a cuscino d’aria, sommergibili, natanti e piattaforme fisse o galleggianti.

Quanto sopra premesso, poiché le stesse possibilità di inquinare, pur se su scala più ridotta, sono alla portata dei comandanti delle unità da diporto, sono state stabilite norme precise che fanno divieto di:

  • Gettare o disperdere nelle acque qualsiasi tipo di rifiuto, in qualsiasi situazione e in qualsiasi luogo ci si trovi. È quindi vietato gettare a mare:
    • L’olio di lubrificazione esausto (5kg di tale rifiuto possono inquinare una superficie grande una volta e mezzo un campo da calcio). Tale sostanza può essere portata a un rivenditore di lubrificanti perché lo stesso conferisca al “Consorzio oli usati”, espressamente deputato allo smaltimento di tali sostanze;
    • Segnali di soccorso scaduti quali razzi, fuochi a mano, boette fumigene. Gli stessi devono essere conferiti al rivenditore nel momento dell’acquisto di quelli in loro sostituzione;
    • Contenitori o altri oggetti di plastica. Si sappia che tali manufatti possono perdurare nell’ambiente anche fino a 450 anni (senza contare il pericolo che gli animali marini affamati possano ingoiarli);
    • A distanza inferiore a 4 miglia dalla costa, le deiezioni e le acque nere dei WC delle unità da diporto, seppur provviste di scarichi diretti, devono essere raccolte e tenute a bordo.

Inoltre, occorre mantenere il propulsore dell’unità sempre in perfetta efficienza, in modo da limitare i consumi e l’inquinamento atmosferico dovuto ai gas di scarico che, in mancanza di una buona combustione, contengono quantità molto superiori di elementi nocivi.

Nel caso di avaria o incidente occorso alla propria unità, da cui derivare uno sversamento di idrocarburi, il comandante deve informare immediatamente l’autorità marittima più vicina al luogo del sinistro, oltre ovviamente a mettere in atto tutte le misure possibili per limitare la fuoriuscita.

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